Il Covid-19 non arresta la qualità del vino italiano. Forse lo rallenta, certo, ma negli ultimi 12 mesi, mentre mercati come quello statunitense (-11.1%), britannico (-12,4%) o tedesco (-4,5%), secondo i dati dell’Osservatorio del Vino, perdono importanti quote di fatturato, l’Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Wine di Qualivita, si attesta su un -2.2%, per un valore totale delle esportazioni pari a 6,29 miliardi di euro.
Non un risultato ottimale che, però, se relazionato ai dati provenienti da altri territori, come quello francese (-17.9% secondo l’Osservatorio del Vino), rappresenta sicuramente un punto di stabilità. A questo, va aggiunto poi che le vigne italiane hanno prodotto nel 2020 oltre 47.2 milioni di ettolitri di vino (-1% rispetto al 2019). Un volume di tutto rispetto che, però, nasconde il rovescio della medaglia: infatti, in Italia sono rimasti in cantina, al 31 gennaio 2021, oltre 6,9 miliardi di litri di vino.
Si rende così necessario trovare nuovi sbocchi di esportazione e commercializzazione per permettere a uno dei più importanti prodotti agroalimentari peninsulari di risollevarsi dopo la crisi. Tra questi il più interessante risulta essere il mercato brasiliano. Le importazioni brasiliane di vino, infatti, sono cresciute nel 2020 del 26,5% in volume e del 13,6% in valore rispetto ad un anno prima. La crescita, come avvenuto in tutto il mondo in termini di nuove abitudini di acquisto, è stata guidata dai vini fermi, il cui incremento è stato del 28,6% in volume rispetto al 2019, contro una riduzione del 36,2% degli champagne e del 20,1% tra spumanti e prosecco, che notoriamente sono bevande più consumate in feste ed eventi (segmenti fortemente colpiti dall’isolamento imposto dalla pandemia).
L’Italia, in Brasile, ha già un posizionamento di favore che sarebbe molto vantaggioso sfruttare per aumentare la propria competitività sui leader di settore e, in particolare, sui produttori europei. Secondo quanto riportato da ICE, infatti, è il principale paese fornitore della bevanda, seguito dall’Argentina, la cui quota nelle importazioni brasiliane è stata del 16,5% in valore (USD FOB 66,05 milioni) e del 15,1% in volume (2,46 milioni di scatole da 9 litri), al primo posto al di fuori dell’area LATAM troviamo il Portogallo, terzo fornitore brasiliano e principale fornitore europeo con una quota del 16,3% in valore (USD FOB 65,25 milioni) e del 16% in volume (2,61 milioni di scatole da 9 litri), seguito dall’Italia, con una quota dell’8,2% in valore (USD 32,85 milioni) e del 7,1% in volume (1,15 milioni di scatole da 9 litri). Il consumo della bevanda, trainato dagli effetti della pandemia, inoltre, ha raggiunto livelli elevati: 2,78 litri per ogni persona con etá superiore a 18 anni, contro i 2,13 del 2019. Nel 2020 sono stati, quindi, venduti 501,1 milioni di litri di vino, contro i 383,9 milioni di litri del 2019, registrando un aumento delle vendite del +30,5%. I vini brasiliani sono quelli il cui consumo è cresciuto di più (32,4%). Le vendite di vini importati sono state leggermente inferiori (26,5%) e la causa principale è la svalutazione del reale, calcolata al 29% nel 2020. Un dato, questo, che dimostra come l’interesse del Paese anche per i vini d’importazione stia crescendo costantemente, lasciando importanti margini di miglioramento e prospettiva per il futuro.