L’azienda rinasce dalla volontà di Domenicoantonio Silipo e dei sui figli di riprendere l’azione di Francesco Comerci che la fondò alla fine del 1800. Se il principio ebbe inizio grazie alla tenacia di quest’uomo, la crescita dell’impresa sarebbe stata invece nutrita da una passione tutta femminile. Il futuro dell’azienda venne ipotecato su due nomi: Michelina e Rosina.
Francesco ebbe due figlie femmine, una disgrazia per la Calabria di allora, ma non per lui. A loro insegnò fin da piccole il valore della terra, il prestigio e la qualità dei suoi frutti. Ciascuna crebbe con una preferenza. Michelina innamorata della potenza dell’ulivo, Rosina, la secondogenita, dalla generosità della vigna. Proprio lei prosegue la strada tracciata dal padre. Per ironia della sorte, Rosina si sposa con Domenicoantonio Silipo, il bottaio del paese. Dalla loro unione nascono 7 figli. Rimasta vedova, Rosina, determinata ed educata a non demordere, comincia a dedicarsi con vigore al progetto del padre. Particolarmente legata all’ultimo figlio Salvatore, nato pochi mesi prima della morte del marito, e che chiama addirittura confidenzialmente Micuccio in onore del consorte, decide di eleggerlo erede delle terre e delle attività̀ del vino della famiglia.
Salvatore cresce e, divenuto avvocato, con sapiente e travagliata lungimiranza per sé e la sua famiglia, sceglie di emigrare, seguendo il destino di tanti altri suoi conterranei e uomini del sud di quell’epoca. Decide di stabilirsi in Emilia, trovandola approdo non dissimile dalla sua Calabria, proprio per il legame con la terra che lì era altrettanto forte. La sua partenza verso il nord non comporta l’abbandono delle vigne di famiglia. Salvatore affida in comodato tutte le proprietà a dei coloni, per poi recarvisi annualmente con la gioia di fare il vino: e la voglia di trasmettere ai figli questa passione, ereditata, come regola e insegnamento di vita.
Si giunge così a Domenicantonio, il figlio che porta il nome del nonno bottaio. A lui si deve la scelta di ricostruire l’azienda Comerci, un passo che sente di fare per onorare la storia della sua famiglia, anche se sono tanti i chilometri che tengono lontana l’Emilia Romagna da Nicotera. Dopo anni di programmazione e di condivisione con gli amici della vita e con i due figli, Francesco e Federico, decide di ricostruirla. Compra altro terreno ed oggi l’azienda vanta una proprietà di quasi 30 ettari, di cui 15 a vigneto ed il resto ad oliveto. Persegue l’obiettivo di fare il vino dal Magliocco canino lavorato in purezza, per assecondare la vocazione ampelografica del territorio e per continuare a produrre in linea con il gusto e la capacità evocativa del passato.