È una tradizione lunga quella dei Lulli come produttori di vino. Forti di quella vera forza che presuppone organizzazione, coordinazione, armonia, tempismo e realistica progettualità, hanno maturato una vasta esperienza sul campo, che, accompagnata da passione, prudenza, saggezza, razionalità e intelligenza, si è progressivamente consolidata e potenziata, fino a diventare scienza, e al contempo arte: sicura e sperimentata conoscenza teorica e pratica, cioè, ma anche ideazione, creazione e originalità.
Per generazioni, sulla solida base di una concreta condivisione di valori, comportamenti e traguardi, i giovani e i vecchi, gli uomini e le donne della famiglia hanno dato con dedizione il loro prezioso contributo alla crescita, al rafforzamento e all’affermazione della più grande industria vinicola di Cori: “Le cantine Lulli”; gli anziani mettendo in campo l’esperienza, la tecnica acquisita, la riflessione ponderata, la continuità dell’opera, la moderazione, la pazienza nell’aspettare, la gradualità nell’intervenire e l’attenzione nell’evitare l’eccesso e il difetto; i giovani apportando il loro entusiasmo, la loro creatività, la prontezza nell’agire, l’accettazione del rischio e la resistenza fisica; le donne collaborando con la loro misteriosa virtù di alleggerire i sacrifici, di sostenere, di incoraggiare, di pensare in grande e di andare al di là della prospettiva privata, dando il giusto valore anche al bene pubblico e comune.
Tutto inizia da nonna Adelaide a vendere il vino in cantina e a “mandare avanti”, per così dire, “la baracca”, quando, infuriando la I guerra mondiale, Luigi (Giggetto per gli amici) parte per il fronte. E di strada ne ha già fatta tanta. Da sempre desideroso di lavorare nel mondo del vino, ha creato a Palestrina, nel 1905, una cantina, coinvolgendo anche la famiglia nella nuova attività. Nel difficile periodo del tormentato dopoguerra Luigi, mettendo in campo tutte le sue energie e i suoi sogni, compra l’uva, vinifica, pianifica le vendite e quindi, con il suo carretto, sfidando le calure estive e le intemperie invernali, va a fare le consegne a Roma. E intanto comincia a farsi affiancare dai figli Agapito, Alberto e Silvano, che, oltre a continuare il lavoro del padre, aprono a San Giovanni, in via Suor Maria Mazzarello, sempre con vino proveniente da Palestrina, quello che presto diventerà uno dei depositi di vini più avviati della capitale, un deposito le cui tracce, con le vasche di cemento ormai decrepite, si possono vedere ancora oggi. Da questo solido punto d’appoggio muovono per consegnare vino sfuso a osterie, ristoranti e famiglie.
La storia prosegue, generazione dopo generazione, fino ad arrivare, oggi, a Silvano, che rappresenta la quarta generazione, che ha deciso di riscoprire e di valorizzare vitigni autoctoni che rischiavano di andare perduti, mettendo in atto la produzione del vino in bottiglia: il completamento di un ciclo perfetto, che, partito dall’uva, arriva sulle nostre tavole con vini imbottigliati di riconosciuta, ottima qualità.